venerdì 15 luglio 2011

IL DIFETTO


"L'Uomo dalle quattro dita"

Il difettoE dire che il primo a indossare una barba finta è stato proprio il nostro eroe quando si presentò al cospetto del colonnello del forte Two Miles ai tempi della Mano Rossa… E oltre alla barba ben presto sarà anche la volta del costume allorché Tex deciderà di interpretare la parte del demone persecutore, incarnando quella sorta di giustizia ultraterrena che sola appare adeguata a punire la malvagità di quanti, vedi il caso del perfido Mefisto delle origini, si nutrono delle infamie più atroci. Dopo tutto la figura del “doppio” psicologico, veicolato dal camuffamento, è un elemento ricorrente della saga texiana. Proprio indossando il nero costume di Aquila della Notte Tex assumerà definitivamente quella duplice identità che entrerà a far parte del personaggio e che ne alimenterà il mito nell’immaginario dei lettori.

L’Uomo dalle quattro dita appartiene a pieno titolo al club delle barbe posticce, club che vanta un curioso manipolo di personaggi: pericolosi antagonisti come l’infido Stern, il finto paralitico di Maricopa, che nei panni di Mister X sembra anticipare la figura del misterioso boss di Cedarville; o come lo spettacolare Coyote Nero dalla splendida barba ieratica; o ancora come il losco Frank Milligan, alias Andy Holt, al quale il ranger strapperà brutalmente e vergognosamente la posticcia peluria color rame. Lo stesso Tex non saprà resistere al vizietto e lo ritroveremo ben presto barbuto rapinatore della Union Bank di Guymon. Il travestimento è un’irrefrenabile tendenza che si manifesta qua e là tra un episodio e l’altro e che, come gli appassionati lettori converranno, toccherà l’apoteosi nel trasformismo dell’inafferrabile Proteus.

Bartell “quattro dita” è comunque un osso duro: gli mancherà l’indice della mano destra ma riesce a tenere in scacco i nostri eroi fino alla fine. Tex e suo figlio dovranno spremersi le meningi nella spasmodica ricerca di indizi che li possano guidare alla soluzione del caso e più volte si troveranno inutilmente al capezzale del povero Carson per fare il punto della situazione. Per il giovane Kit, ormai diciassettenne, sembra quasi un esame da superare, l’ultimo di una lunga serie iniziata quando ha impugnato la pistola per la prima volta. C’era forse bisogno di conferme? La sua sagacia e la sua prontezza, accompagnate da acuto spirito di osservazione, si guadagnano il plauso dell’illustre genitore che con i suoi “benissimo” e “bravissimo”, pronunciati con un certo qual tono professorale, tradiscono l’intima soddisfazione di un padre che vede rispecchiate nel figlio le proprie straordinarie capacità. In un paio di occasioni il nostro Tex viene addirittura surclassato dallo slancio entusiasta del giovanotto al cui occhio vigile non sfuggono dei dettagli di vitale importanza. Ormai l’allievo supera il maestro. Il lettore se ne deve fare una ragione: il nostro eroe non è infallibile! Come giudicare altrimenti l’esito dell’inconcludente caccia notturna a Red Merrill? “Forse sto invecchiando” esclama stizzito il nostro. “C’era la luna piena, e se mi è scappata una traccia in quelle condizioni, posso tornare alla riserva navajo per aiutare le squaws a fare tappeti”. Insomma, per pagine e pagine, i nostri eroi brancolano letteralmente nel buio, dove la morte, appunto, è in agguato: nel sottosuolo di Cedarville, nelle tenebre del saloon illuminate dai lampi delle esplosioni, nella notturna desolazione della prateria illuminata dallo spettrale chiarore lunare o dai riverberi dell’incendio della distilleria. Di fronte a un avversario che si nasconde dietro un’apparenza di rispettabilità e onestà, che agisce nell’ombra costituendo una minaccia insidiosissima e sempre incombente e che comunica attraverso veri e propri canali alternativi (ora sono i piccioni viaggiatori, ora sono i passaggi sotterranei), Tex rimane letteralmente spiazzato.

Sfuggente e velenoso (nel vero senso della parola!), Bartell “quattro dita” è la dimostrazione di come anche nel mondo di Tex la soluzione di un enigma dipenda a volte dal caso, dall’evento fortuito, dalla distrazione. Ed è una fortuna constatare che, tutto sommato, anche il più pericoloso degli avversari ha un punto debole. Come si dice in questi casi: nessuno è perfetto…

[Mauro Scremin] Martedì 11-5-2011

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